domenica 28 ottobre 2007
Lettera aperta a Vincenzo Divella
chi scrive, nella sua assoluta irrilevanza, fu molto critico nei confronti della sua virata a sinistra, successiva peraltro ad una sorta di pubblica profferta al miglior offerente alla quale forse la CDL fece il grave errore- con la mia altrettanto irrilevante complicità- di non corrispondere in alcun modo, che ha fatto di lei il vero valore aggiunto delle elezioni baresi e pugliesi del 2004 e del 2005, anche se in essa si poteva in qualche misura apprezzare, insieme ad un pizzico di cinismo aristocratico e di irrefrenabile vocazione al protagonismo, anche un certo spirito di servizio che avevamo tutti avuto modo di verificare alla guida di Confindustria prima e della Camera di Commercio di Bari poi.
Non feci mancare, dai miei modestissimi pòdi mediatici, la mia irriverente polemica nei confronti dei suoi innamoramenti intellettuali, che la portarono financo ad umiliare le sue orecchie con un ridicolo orpello indegno di loro, e che comunque fecero di lei, con la sua storia personale e familiare, un decisivo garante per un comunista che si proponeva alla guida di una Regione di destra, oltre che un formidabile e determinante supporter elettorale diretto, e forse anche non solo elettorale.
Da allora però ho seguito con crescente solidarietà le sue altrettanti crescenti sofferenze in una coalizione che pur le doveva praticamente tutto.
L’ho vista subire una serie ininterrotta di affronti sguaiati e talora anche gratuiti da parte del suo compagno di battaglia e di vittoria del 2004, probabilmente consapevole che il designato vero alla guida di Bari era lei, prima che un’”onda” mai tanto anomala e devastante creasse le condizioni per la più inetta e distruttiva delle amministrazioni che la nostra Città abbia avuto.
L’ho sentita inutilmente esporsi a favore di provvedimenti di assoluto buonsenso, come la prosecuzione dei programmi pregressi in materia di completamento della colmata di Marisabella, di ricostruzione e riattivazione del Petruzzelli, di Cittadella della Giustizia, subissato dalla furia iconoclasta di un ideologismo oscurantista che è il contrario esatto della sua cultura industriale, incentrata sul fare, sul consentire, sull’innovare.
L’ho vista umiliare sistematicamente, anche dal suo beneficiato principale, alias il poeta con l’orecchino, ogni volta che si permetteva di chiedere il rispetto di qualche impegno o formulare una qualsiasi proposta, fosse anche una candidatura locale per la guida del Porto di Bari, e- con la complicità del sullodato- dal suo screanzatissimo dirimpettaio del Municipio, che si è spinto fino a profittare delle sue vacanze per insediarsi in prima persona alla presidenza del Consorzio ex-Asi, con buona pace della “società civile” a partire dai ceti produttivi che in lei si erano riconosciuti all’atto della svolta politica di cui sopra.
L’ho vista malinconicamente solo in un Consiglio Provinciale sistematicamente disertato dalla sua maggioranza anche dopo i suoi più accorati appelli.
L’ho vista praticamente ignorata, nonostante qualche salamelecco iniziale, nel processo costitutivo del “Partito democratico” pugliese, affidato al suo peggior nemico con uno schiaffo diretto sul Suo accogliente faccione.
L’ho vista, infine, financo sbugiardata da quei mentecatti dei mastelliani, che Le hanno preferito gli interessi personali di uno storico portaborse, ed ai quali pure Lei –con una forse anche velleitaria “Cosa bianca”, aveva comunque preparato una prospettiva politica succulenta, che ne avrebbe fatto dei protagonisti invece che dei questuanti gregari, offrendo ad essa il prestigio decisivo del Suo nome.
Adesso vedo che si è di nuovo offerto al rutilante partitone che La ha di fatto respinta soltanto qualche settimana fa, forse nell’illusione che la promessa che le fu fatta quando scese in campo, e che non era stata onorata nel momento più propizio, possa esserlo oggi, con una enorme, ringalluzzatissima nomenclatura già in coda per onori e prebende.
E se invece- mi permetta, signor Presidente- Ella prendesse finalmente atto, recuperando il suo pragmatismo imprenditoriale, che da quella parte sostanzialmente non La vogliono per la semplice ragione che Lei, con il comunismo più o meno mascherato o orecchinato, non c’azzecca proprio nulla, anche perché per lorsignori, portatori cronici di partitocrazia, la “società civile” è buona quando si vota, ma deve avere la bontà di farsi da parte subito dopo?
Lo sa che, al di fuori dei confini sempre più chiusi ristretti e maleodoranti dell’”Unione”, c’è un’altra Italia, un’altra Puglia, un’altra Bari, che interpretano- anche se potrebbe certamente farlo meglio, magari anche con il suo aiuto- quella cultura dello sviluppo in cui Lei si riconosce e che invano ha tentato di veicolare laddove non era strutturalmente veicolabile, che si battono da sempre a viso aperto contro i Suoi sfruttatori, e che sono tornatr ad essere maggioritaria, in Puglia ed a Bari fin dalle scorse, elezioni politiche, nelle quali i suoi voti sarebbero addirittura determinanti per evitare all’intero Paese la disgrazia del Governo Prodi-Visco-Pecoraro Scanio?
Perché, dalla prigione non proprio dorata che le hanno stretto intorno, non alza gli occhi, signor Presidente, magari verso gli orizzonti limpidi ed aperti della Libertà, verso una Casa che è naturalmente anche la sua?
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