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Attenti al paese che ci guarda

Di questa crisi ci sono molte cose che non si capiscono e c'è una cosa che è chiarissima. Non si capisce chi l'ha aperta e perché (nessuno crede all'ipotesi che Mastella abbia agito da solo). Non si capisce quale sia il disegno di chi l'ha aperta. Non si capisce come possa concludersiné quali siano i calcoli di Prodi. Non si capisce la posizione del partito Democratico. Non si capisce quale sia il progetto del Vaticano (vero e proprio e ormai dichiarato terzo polo dello schieramento politico parlamentare italiano). Non si capisce nemmeno cosa davvero vogliano i partiti che - per tattica o per opportunità - non dichiarano mai quello che pensano davvero (elezioni? Salvataggio di Prodi? Governo tecnico o istituzionale?).Qual è invece la cosa chiarissima? Che questa crisi può portare ad una frattura definitiva tra la maggioranza degli italiani e la politica. E le conseguenze sarebbero molte, a partire dalla "morte della politica". Morte della politica vuol dire sostanzialmente scioglimento del meccanismo democratico, trasferimento di tutti i poteri alle grandi potenze esterne al popolo e alla democrazia, vuol dire rischio mortale per lo stato di diritto, per l'impianto dello stato sociale, per le strutture fondamentali che regolano oggi la convivenza civile, e garantiscono, seppure in forme blande, i più deboli, i più poveri.Morte della politica vuol dire vittoria totale del capitalismo "feroce", vuol dire che il mercato e i padroni del mercato decideranno su ogni singolo minuto delle nostre vite, non ci lasceranno scelta, non ci lasceranno idee. Morte della politica vuol dire ridimensionamento delle libertà, cioè riduzione della libertà ad un diritto direttamente proporzionale alla ricchezza di ciascuno, e quindi alla negazione di se stessa.Non sono esagerazioni. E' lo scenario che abbiamo davanti. E per cambiarlo abbiamo bisogno di una specie di rivoluzione. Che tipo di rivoluzione? Beh, diciamo così: avete presente il mastellismo, cioè l'idea che il potere politico sia il sale della vita e che chi lo detiene abbia il diritto di giocarselo come vuole e di dividerne le briciole con chi vuole e di invadere tutte le pieghe e le pieghette più nascoste della società e della vita civile, e dominarle, e dettare lì, ovunque, la propria legge? Ecco la rivoluzione della quale abbiamo bisogno è l'opposto del mastellismo. Bisogna prendere l'idea di politica che ha Mastella e rovesciarla completamente. E quindi bisogna che la politica faccia autocritica, faccia un passo indietro, accetti il ridimensionamento delle proprie aree di intervento, dei privilegi, dei diritti acquisiti, e torni invece a riprendersi i suoi compiti naturali: il governo e la distribuziuoine delle ricchezze, dei diritti, delle solidarietà. Solo così la politica può tornare ad "allearsi" col popolo e quindi a rilegittimarsi.Credo che la sinistra o affronta da questo punto di vista la crisi di governo o è travolta. La crisi di governo e la crisi della politica per la prima volta coincidono pienamente. La crisi formalmente è stata aperta da una palese e clamorosa dichiarazione di "prepotenza" rilasciata da uno dei partiti (il più piccolo) della coalizione di governo. Che pretendeva non solo il riconoscimento della propria incondizionata discrezionalità nell'esercizio del potere, ma pretendeva impunità e la dichiarazione di complicità da parte di tutti i partiti della maggioranza. Questo pone la politica non in contrasto ma in contrapposizione completa con la società, con il "popolo" senza potere. La pone in una condizione di "inimicizia" proclamata: «Tu sei il popolo e io sono il potere, io ho il compito di dominarti». Questa idea mastelliana, se vince, completa la trasformazione della politica in attività non più democratica. La ingessa dentro un patto nel quale la politica rinuncia alla propria autonomia nei confronti dei grandi poteri esterni alla democrazia ( l'economia, la religione...) e in cambio ottiene una sorta di delega amministrativa che le permette di sfuggire al controllo di massa e al dettato della morale.Non è contro questo rischio che deve concentrarsi la parte essenziale della capacità di lotta della sinistra? Non è questo il cuore dello scontro che è aperto e che sarà decisivo per il futuro di questo paese, più ancora di quanto sarà decisiva la composizione del futuro governo? (Da: http://www.liberazione.it/)


di Piero Sansonetti


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