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La metà di una svolta

GOVERNO E GIUDICI



Fino a poco tempo fa, accusare la magistratura inquirente di «eversione » era stata una cattiva abitudine degli inquisiti del centrodestra. Poi, negli ultimi mesi, con le inchieste Forleo e de Magistris su rappresentanti del centrosinistra, la cattiva abitudine aveva contagiato anche questi ultimi. Ma si era trattato di casi che, pur dividendo il Parlamento fra chi accusava e chi difendeva la magistratura sulla base della collocazione politica dei propri inquisiti di turno, non avevano ancora assunto la natura di un generalizzato conflitto fra potere politico (legislativo e esecutivo) e ordine giudiziario. Con il caso Mastella ad accusare i magistrati è stato addirittura il Guardasigilli, cioè uno dei ministri più importanti del governo (di centrosinistra), inquisito anch’egli, con la moglie e alcuni dirigenti del suo partito. E fin qui, nulla di nuovo sotto il sole. Ma, questa volta, il Parlamento non si è diviso. Ad accogliere con una ovazione le parole di Mastella è stata la grande maggioranza della Camera dei deputati, senza distinzioni fra centrodestra e centrosinistra.
Si è trattato solo del riflesso condizionato della Casta che, di fronte al crescente dinamismo della magistratura, ha difeso uno dei propri rappresentanti per difendere se stessa? Ovvero si può parlare di una reale svolta politica destinata a produrre un serio ripensamento dei rapporti fra potere politico e ordine giudiziario? A chiarirlo dovrebbe essere il dibattito che si aprirà in Parlamento dopo il rapporto sullo stato della Giustizia che Prodi farà fra qualche giorno come Guardasigilli ad interim. Ma le premesse non inducono all'ottimismo e qualche interrogativo sembra lecito. Nel rinnovargli la fiducia e invitandolo a ritirare le dimissioni, il presidente del Consiglio ha inteso condividere i severi giudizi del suo ministro della Giustizia sulla magistratura? Sarebbe interessante saperlo. Ma nel suo breve intervento alla Camera, Prodi, auspicando che l'Udeur, il partito di Mastella, non faccia ora mancare il suo sostegno al governo, era parso più preoccupato della propria sopravvivenza a Palazzo Chigi che di dare una risposta all'interrogativo. Prodi— ha detto al riguardo Casini subito dopo — ha rimosso, ha derubricato il caso Mastella «a scopo privato».
Del resto, nell'aula di Montecitorio, durante tutto il dibattito, sono aleggiati, a seconda del colore politico degli interventi, più il timore ovvero l'auspicio della caduta di governo che la responsabile consapevolezza della gravità della crisi e il concreto impegno a risolverla. La sindrome che paralizza il sistema politico rischia di affogare nelle chiacchiere anche questa inderogabile esigenza. Eppure, il problema, a questo punto, non è più la durata del governo, ma la stessa sopravvivenza della democrazia. Ciò che ci si aspetta è che il Parlamento faccia finalmente una riforma del sistema giudiziario che ponga definitivamente fine a una situazione ormai giunta a un punto di rottura dopo il fallimento della riforma Mastella, approvata, anche, nell'illusione di compiacere la corporazione dei magistrati. È troppo chiederlo?


di Piero Ostellino



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