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Se il sistema politico non funziona la colpa è dei partiti canaglia

Esiste un equivoco nella politica italiana, quello del bipolarismo.
l bipolarismo viene presentato da molti esponenti di partiti minori come il risultato storicamente positivo, il lascito realista e ragionevole, dell’illusione maggioritaria che fra il 1993 ed il 1996 sembrava regnare sovrana.
Questa difesa apparentemente convinta contiene un’insidiosa e implicita denigrazione di un sistema politico che dovrebbe essere saldamente ancorato alla contesa fra una destra e una sinistra moderate.
Il ragionamento sotteso alle tante prese di posizione dei difensori pelosi del bipolarismo può essere così sintetizzato: considerato che l’Italia non può, per struttura sociale e per tradizione culturale, fare a meno di una molteplicità di partiti, il bipolarismo è il massimo che si può ragionevolmente ottenere. Il risvolto implicito, ma facilmente deducibile, di una simile posizione è questo: se il bipolarismo rissoso è tutto quanto si può ottenere, allora è meglio tornare al sistema centrista che aveva caratterizzato le precedenti stagioni politiche. Si tratta, è appena il caso di ricordarlo, di una visione del tutto falsa e deformata della realtà. Per intenderlo basteranno alcuni sommari riferimenti al nostro recente passato.
Tra il 1993 ed il 1994, il sistema politico italiano si ridisegna empiricamente su di un asse destra/sinistra come tutte le democrazie competitive.
Alle macerie della prima repubblica, grazie soprattutto all’intuizione di Berlusconi, si fa strada l’idea che occorrano governi designati direttamente dall’elettorato al momento delle elezioni politiche, i quali restano in carica per una legislatura sulla base di un programma di massima.
Questo presuppone un drastico sfoltimento di quello che i politologi chiamano il formato partitico, e un correlativo rafforzamento dei poteri del premier, designato al momento delle elezioni. Tale processo viene interrotto da un combinarsi di fattori (offensiva giudiziaria antiberlusconiana, un presidente della repubblica schierato a difesa degli assetti centristi, partiti minori disposti a tutto pur di sopravvivere) che si traduce nel ribaltone dell’autunno 1994.
Con il governo Dini il processo di riscrittura materiale della costituzione rallenta e si inquina. Alla fine quello che si riesce a salvare è il bipolarismo.
La contesa politica vede alternarsi governi designati dal popolo (il primo Prodi, Berlusconi nel 2001) con governi di schietta marca partitocratica (D’Alema 1 e 2, Amato), perché non legittimati dal voto popolare.
Al momento delle elezioni politiche sembra di essere in un sistema quasi bipartitico.
Passate le elezioni riprendono piede le cattive abitudini partitocratiche (verifiche, vertici di partiti, rimpasti gestiti con il manuale Cencelli). Intanto le istituzioni vengono rimodellate secondo le esigenze dei partiti piccoli: gruppi parlamentari con pochi eletti a formazioni che non si sono presentate alle elezioni, accesso facile al finanziamento pubblico ai partiti (e a una stampa di partito non letta da nessuno). Insomma alle elezioni gli elettori votano tutti o il centro-destra o il centro-sinistra sperando di avere un governo stabile. Passate le elezioni, però, i tempi e i modi del confronto politico sono dettati dai piccoli partiti che appestano le coalizioni di cui fanno parte.
Certo, le retoriche cui i vari partitelli fanno ricorso sono diverse fra di loro: massimalismo e antioccidentalismo a sinistra, federalismo pseudoetnico da parte della lega, compostezza filodorotea nelle formazioni neocentriste. Pure, l’effetto sistemico è lo stesso impedire che la vita pubblica sia una contesa fra policies empiricamente verificabili, ma resti un universo autoreferenziale attraversato da pulsioni identitarie e obbligato a riti bizantini.
In sostanza, se il sistema politico italiano non funziona in modo soddisfacente, questo non dipende da una incurabile disgregazione della società italiana, ma da una ragione tutta politica.
Il peso predominante di quelli che si possono definire "partiti-canaglia". Cioè formazioni che, per quanto obbligate a collocarsi stabilmente su di un determinato lato dello schieramento politico, perseguono lo scopo di impedire la normale dialettica fra una destra e una sinistra moderate.
In definitiva i partiti-canaglia sono l’ultima incarnazione del trasformismo italiano. Se per liberarsi di questa tabe occorre mandare all’aria il bipolarismo malato, ben venga il dialogo fra Berlusconi e Veltroni, per arrivare all’approdo necessario della politica italiana, un bipartitismo maturo.

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