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"Biciclette e cultura del non fare" di Rosamaria Banfi (27/01/08)

Noi non abbiamo nulla contro le biciclette, che rendono più vivibili le Città consentendo anche un prezioso esercizio fisico, e soprattutto non apparteniamo affatto alla cultura del “no” a tutto ed al contrario di tutto, che al contrario contestiamo ad una sinistra oscurantista e reazionaria che, anche nel segno di una sorta di ossessione della “discontinuità” in cui si è ristretto il sogno fallito della rivoluzione, boicotta scientificamente sviluppo e lavoro. Anche qui a Bari dove ha- per esempio- bloccato progetti strategici come l’ammodernamento e l’ampliamento del Porto, una soluzione del “nodo ferroviario” che avrebbe consentito l’utilizzo a fini di mobilità interna del “fiume di ferro” che attraversa la Città, l’asse Nord-Sud, per non parlare di un impianto di termovalorizzazione di cui oggi tutti scoprono la necessità. Progetti, essi sì, che avevano una straordinaria valenza in termini di lavoro e di efficienza urbana, che sono due valori evidentemente non molto presenti in una sinistra sempre più elitaria che ha da tempo perduto il contatto con le problematiche autentiche della gente comune.Ciò però, come non ci ha impedito di vedere –in perfetta sintonia con gran parte della popolazione interessata- le contro-indicazioni di una ristrutturazione di via Sparano di cui in verità non si avvertiva la necessità o quanto meno l’urgenza, fino ad indurre a furor di popolo l’Amministrazione ad ascoltarci, non ci può impedire di vedere le non meno consistenti conseguenze negative della realizzazione di una pista ciclabile fine a sé stessa che renderà ulteriormente caotico il traffico in un’area vitale della Città come quella che gravita su Viale Unità d’Italia, riducendo ulteriormente i già introvabili spazi di parcheggio, senza peraltro dare alcun reale vantaggio ai ciclisti attuali o potenziali, dato che si tratta di una striscia chiusa in sé stessa, per raggiungere la quale dalle altre parti della Città occorrerà evidentemente caricarsi la bici sulle spalle o trasportarvela con qualche mezzo a motore, per respirarvici una delle arie più ammorbate dell’intera Bari. Insomma, un’altra operazione di mera immagine da parte di un’Amministrazione evidentemente bisognosa di migliorarsela, che non arrecherà alcun vantaggio al Barese comune che peraltro non sempre può permettersi di andare in bicicletta (si pensi ai vecchi, ai bambini, ai disabili, che pure costituiscono le componenti più fragili della comunità, alle quali preliminarmente dovrebbero essere destinati i pubblici interventi) e con risultati che potrebbero rivelarsi non dissimili da quelli dei getti d’acqua sul Lungomare, per non parlare dei costi, che sono comunque a carico del contribuente anche quando non gravano sul Bilancio autonomo del Comune.Diverso sarebbe il discorso se si riferisse ad un progetto organico che investa, rendendolo tutto ciclabile, l’intero territorio cittadino. Ma in tal caso occorrerebbe partire non già dalle aree centrali in cui gli spazi sono più preziosi, i pericoli maggiori e l’aria più inquinata, ma da quelle meno congestionate e più periferiche.Ma lì forse si vedrebbero meno, e ad un’Amministrazione che ha puntato tutto sull’apparire perché nulla sa costruire, ed anzi è guidata –essa sì- dalla cultura del non fare, non servirebbero più. (Da: http://www.aziendabari.it)


di Rosamaria Banfi



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