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PARTITO DELLA LIBERTA'

L’annuncio di Berlusconi del nuovo Partito delle libertà è un evento che vale – ivi comprese le scosse di assestamento- quello analogo relativo al Partito democratico, e forse anche di più visti i numeri che si preannunciano per il nuovo soggetto politico e la forza oggettiva del proponente, che è assolutamente in grado di realizzare rapidamente il progetto così come realizzò in tre mesi un Partito “di plastica” che da allora non ha mai smesso di essere il primo d’Italia. Ovviamente però è stato accolto dall’establishment politico e mediatico con la solita logica discriminatoria e fuorviante dei “due pesi e due misure”, per cui- per esempio- se Berlusconi si appella al popolo dei gazebo di Centro-destra per realizzare dal basso il sogno sempre più diffuso e coinvolgente di un grande Partito liberal-popolare, è “populismo”, se invece a partire dai gazebo è il Centro-sinistra, trattasi di democrazia.
Incomprensibili sono la reazione a tale progetto del Presidente di un Partito che soltanto un mese fa era sceso in piazza per invocare sostanzialmente la stessa cosa denunciando i ritardi e le incertezze altrui, che se n’è visto accogliere pure la sua richiesta di un cambio di strategia in direzione di riforme condivise con l’avversario, e che non ha nemmeno colto l’impegno di Berlusconi a sottoporre al vaglio democratico del Popolo di centro-destra l’intero processo costituente, ivi compresa la scelta della leadership. In essa si fa fatica a non riconoscere un cieco istinto di sopravvivenza di una nomenclatura che non a caso conserva la guida del suo Partito da vent’anni, passando indenne dalla proclamazione di Mussolini come il “più grande statista del Secolo” alla scomunica del fascismo come “male assoluto”. Né regge il pretesto della difesa del bipolarismo a fronte di un processo che in realtà lo sviluppa e lo consolida in direzione del bipartitismo, che Berlusconi delinea nettamente attraverso il coinvolgimento di chiunque non sia assimilabile agli eredi del comunismo, dai socialisti autonomisti fino all’orgoglio missino di Storace, con un corpo centrale cattolico-liberale comprensivo della tradizione degasperiana tant’è che Casini è interessato e perfino Follini non lo respinge, e con significative adesioni da parte del radicalismo liberal-liberista che aggiunge Capezzone a Taradash e Della Vedova. Un mondo del quale il popolo di AN, radicato ormai in una cultura di coalizione e di governo, non può non essere componente naturale e fondante, ed al di fuori del quale il Partito di AN, che ne sarebbe letteralmente accerchiato, perderebbe ogni funzione, a meno di diventare l’ultimo mohicano del prodismo, così come è apparso il suo leader negli ultimi infelici interventi, dalla lettera al “Corriere” all’ultimatum di “Repubblica” fino alla rabbiosa esibizione di “Porta a Porta”, in cui non ce la faceva proprio a dire tre parole di fila senza insolentire l’alleato senza il quale sarebbe dignitosamente scomparso negli scantinati della storia minore.
Quanto alla Puglia, in cui governi retti nel segno dell’estremismo di sinistra, assolutamente innaturali per una Regione “di destra”, rendono insostituibili dall’altra parte una coalizione unita ed una sua strategia di compattamento e di allargamento, ancor più si rivela provvidenziale la sortita di Berlusconi ed incomprensibile la stizza di chi, avendo forse perso il senso della propria misura, l’ha presa come un affronto personale invece che come una straordinaria opportunità.


di Tommaso Francavilla


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