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CARO VELTRONI, CRITICHI POL POT E CENSURI PANSA

Il 6 novembre 2007, ospite a Ballarò c'era Walter Veltroni, che con il suo tono paternalistico (e un po' da "sfigato") tacitava e tranquillizzava gli altri interlocutori ed i telespettatori circa l'emergenza sicurezza scatenata a Roma e in tutta Italia dall'assassinio di Giovanna Reggiani. Dopo questo terribile episodio, Veltroni da vero Premier ombra ha spinto Prodi ed Amato a prendere posizione, ed ha invocato "misure d'urgenza". Lo stesso sdegno Veltroni lo aveva espresso anche, mesi fa, quando in metropolitana una ragazza fu aggredita e trafitta a morte con la punta di un ombrello da una zingara. Ora mi domando: cosa dobbiamo aspettarci da Walter, considerando e ricordando il suo cursus honorum? Per chiarirci un po' le idee mi è parso quanto mai illuminante questo articolo di Gianluigi Paragone (Libero, 31 ottobre 2007)R.R.

Certe cose è meglio prenderle da lontano. Lontano trent'anni diciamo. E tre cambi di nome: Pci-Pds-Ds-Pd. Ognuno ha i propri tempi. «Ho visto le foto dei campi di concentramento di Pol Pot. Sono delle foto agghiaccianti non diverse da quelle che tra dieci giorni troverò andando ad Auschwitz». Ha dovuto vedere le foto, Walter Veltroni, per capire certe nefandezze del comunismo. Poverino. Certo, se oltre alle figure avesse buttato l'occhio su qualche scritto si sarebbe portato avanti ma - cosa vuoi? - il libro Nero del Comunismo era pura propaganda berlusconiana. Un'operazione politica, mica storia.Come cambia la prospettiva quando si modifica l'angolo di visuale... Quando nelle sezioni del partito di cui era militante trionfavano la falce e il martello, certe cose non si potevano né dire né bisbigliare. 1 Khmer rossi assolvevano a una funzione storica e politica: è l'ideologia, bellezza. Così come le dittature comuniste in Unione Sovietica, a Cuba, nella Yugoslavia titina, in Cecoslovacchia, in Cina e via discorrendo.Ora i comunisti si sono cambiati l'abito, il nome e pure i simboli. Dunque si può persino sostenere che «sono diversi i colori delle bandiere, sono diverse le motivazioni ma la vita degli esseri umani è la stessa». Ora fa tanto Democratico denunciare che «nessuno di noi ha diritto di rimuovere ciò che è stato, nessuno di noi può attribuire al tempo la possibilità di rimuovere le tracce morali di quello che è stato, anche quei vertici impensabili del male che hanno finito per macchiare il mondo intero». Bravo e coraggioso Veltroni: era proprio un fetente quel Pol Pot!Nell'anno domini 2007 lo si può dire senza provocare pruriti. E poi, la Cambogia è distante nel tempo e nello spazio. Non rivendica posti nel Pantheon, non ha nostalgici. Insomma non disturba.Il comunismo di Pol Pot cumulò morti innocenti. E quello italiano, resistenziale, ha o no qualche morto innocente sulla coscienza? Nell'Italia dei piangina e dei chiagnoni, nell'Italia di quelli che se non vanno in tv gridano al complotto o al vittimismo, nell'Italia del presenzialismo come diritto-dovere, in questa Italia qui insomma c'è un signore che ha deciso di non promuovere il suo ultimo libro per evitare a sé e agli altri incidenti e disavventure. Questo signore si chiama Giampaolo Pansa. Ha scritto un libro dal titolo "I gendarmi della memoria - chi imprigiona la verità sulla guerra civile". Per lui Veltroni difficilmente troverà un minuto di attenzione in pubblico, perché quel libro e quelle storie lo costringerebbero a prendere una posizione su una certa piega che prese la Resistenza comunista. I libri di Pansa hanno reso popolare ciò che si sapeva nel retrobottega della Storia, quella divulgata dai perdenti. 1 quali, si sa, non hanno titoli per parlare."I gendarmi della memoria" si mette sulla scia dei precedenti "Il sangue dei vinti", "Sconosciuto 1945", "La Grande Bugia". libri che hanno procurato a Pansa qualche soldino, un po' più di celebrità ma anche tantissima palta da ingoiare. E se fosse stato solo per la palta, Pansa forse se ne sarebbe fregato e avrebbe tirato dritto. Poi un giorno ha deciso che non era più il caso. Avrebbe continuato a dar voce alle storie silenziate dai gendarmi della memoria, ma senza più partecipare alle presentazioni, alle chiacchierate con i lettori, ai confronti con gli accusatori.Quel giorno accadde a Reggio Emilia il 16 ottobre 2006. Un gruppo di contestatori rossi irruppe nella sala e al grido di "Triangolo Rosso, nessun rimorso" tentò di mettere un'altra volta la Storia sotto morfina. Un assalto in piena regola. Fu così che Pansa decise di piantarla con le presentazioni. «Non voglio diventare un problema di ordine pubblico». Qualcuno bofonchia: lo vuole lui, è una sua scelta. Non convengo assolutamente: le scelte di solito si prendono serenamente e comunque liberamente. Non certo sotto la minaccia dei picchiatori e con il consenso (spesso tacito) dei mangiapane a tradimento. Pansa è un panda nel cortile democratico. Può scrivere ma non può confrontarsi o stringere le mani. Veltroni, è giusto? Lo domando anche a Prodi, a Napolitano, a Bertinotti, a chiunque.Questi gendarmi della memoria autopatentati detengono posizioni dominanti nella sinistra italiana. Anche dentro il Partito democratico. Ecco perché la auto-limitazione che si è data Pansa fa comodo. Non provoca rumore. Non stimola ogni volta dibattiti e confronti. E soprattutto evita di discutere dell'alba insanguinata di questa democrazia. Della Resistenza per quella che fu. Della Costituzione per quella che è.Veltroni cazzeggia - sì, cazzeggia - su Pol Pot e sta zitto sul sangue dei vinti e sui gendarmi della memoria: troppo facile. Il Pd nasce incrostato del passato comunista. Faccia luce, Walter. Lo faccia guardando dentro la sua stessa storia. Noi gliene offriamo l'occasione: venga qui a parlarne. Lui con Pansa. Parliamo una volta per tutte di cosa fu il comunismo in Italia. Dimostri di essere un vero democratico, a quel punto potrà davvero compiacersi per aver compiuto un percorso politico verso la modernità. Altrimenti resterà un ex pci col vestitino nuovo.



di Gianluigi Paragone



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